Nella sfera aerobica culturale archeologica e teatrale gli agenti di volo dell’aeroporto di Lamezia Terme fanno volare gli aerei anche quando piove per arrivare prima alla festa, per assistere allo spettacolo dell’ignoto nello spazio profondo, come nel trebbio poetico durante il parto delle nuvole pesanti, spingendosi lontanissimi dalle abitudini, perché il teatro si legge a 360 gradi, a cielo aperto, per stimolare l’attenzione del mulino di Amleto.

È anche interessante restare nell’arte e mestieri del folklore giovanile serrastrettese, nel limbo dei Giusti con le ragazze, soppressate e ballerine, tra elisir di lunga vita con pozioni di pane di serpente ed estratto di fragole, mirtilli e piràine, ribes e uva spina durante la festa dello Zodiaco e i quarti di luna piena del sabato del villaggio di ogni estate.

A cento passi dal campo sportivo, nel RISTORANTE della Valle del Castagno, dove lo zio Annibale lava i piatti, e a tempo perso con Emanuela cucina solo per gli attori, scrittori, poeti affamati di parole durante la dimora nella fattoria Simón Bolívar del giovane medico Grey Molinaro il venezuelano, che a sua volta ospiterà in veste culturale l’archivio museale della Fondazione Hannibal-Dalidà e del Petit Théatre dell’Assurdo calabro-valdôtain.

Intanto Celestino Mazza fa Le sedie del teatro alla Ionesco. Da portare in scena il mistero del successo di un personaggio squallido, maniaco egocentrico, dovuto alla fobia persecutoria e arrivistica dei due precedenti sindachielli in un paese cimitero dei vivi.

Però brillano nel panorama Bel vedere, gli imprenditori Giovanni Fazio, Angelino e Candido Caruso, artisti del legno, fabbricano tavoli e arredi per l’Europa rivoluzionaria alla Honoré de Balzac. In scena aperta tra luci ed ombre il MENESTRELLO evoca il poeta calabrese Corrado Alvaro. Perché la storia di Serrastretta la scriviamo noi giovani e gli emigrati ai quattro venti, aiutati dagli anarchici di Spagna, Grecia e Italia. Così dicono il compagno Lucia, Rosalba e il professore Saverio, di Cancello rosso, Viterale e Migliuso per il lungometraggio dei fratelli Cianflone che col camion arrivano da LUNTANO con la probabile regia di Alessandra Celesia per lo spettacolo più pesante del parto delle nuvole calabresi. Con il Terrone, lo Zingaro e l’Ebreo.

E avanti così, con i personaggi del villaggio turistico sportivo teatrale cosmopolita: Patrizia è la tata del parrucchiere Romolo, Francesco junior, virtuoso del capello, completa la pagina bianca di Gloria Talarico che insegna alla Scuola d’Arte e disinvolta comunica coi marziani in assoluta libertà.

Al terzo crocicchio, dove c’è l’alimentari Gina e la fermata del Bus scuola, nella dorsale dei tavernesi e la costruenda area picnic, la fa da padrone il virtuale Liceo del Che Guevara adiacente alla Pineta Maruca, alla pastilliera e all’orto botanico montano rasente il Passo di Condrò.

Interagisce a valle la fiumarella delle trote e dei cinque mulini e l’ex centrale elettrica da riattivare. Tutto gratuito al visitatore con la colazione al sacco nella zona della quiete da  denuclearizzare con delibera. L’ingegnere Totu, servitore di due padroni, sa o mente perché matricola del villaggio, ultimo consigliere arrivato nella roccia della valle dell’Eden, area sacra agli anarchici insurrezionalisti annibaliani bakuniniani nella concezione del flusso delle idee socialiste leniniste rivoluzionarie finché la guerriglia è guerreggiata.

In chiave ermeneutica, in simbiosi col suono dei lemmi, nel versante dell’Estrolille liberal tra le vigne del Signore stanno i miei limitrofi Tonino Parente, il dentista Scalise e l’ingegnere Gabriele Mazza ex sindaco di Carema.

L’evanescenza dell’autore è rafforzata dall’elfo eloquente mirato alla magia della poesia, svelato da ANTONIA che con stupore apre le pagine del sito come lezioni di pensiero tra i degenti del ricovero dei poveri vecchi, rallegrati da lei stessa e dall’oasi verde di intrigante ginestra e ginepro tra il ponte e la dorsale che rasenta il fiume AMATO dai pastori della Valle dei Cedri e degli Ulivi. Panorama di San Pietro Apostolo, teatro di guerre sante come a Nassiria e dintorni venti secoli fa. Ubriacati dalle prediche dei due democristiani fascistelli alla Guazzaloca e del trullallera trullallà folklore del Re-nato in Aiello Calabro in comunione e liberazione tra profeti e imperatori.

Prossima mossa ritorsiva per abbattere campanilismi e provincialismi, della quale la sottocultura umanistica non capisce l’importanza: radunare i comuni montani e cancellare le province, sostenute da cosa nostra (ndrangatista) che praticano il terrorismo elettorale di tipo sanitario e curativo per i lungodegenti in mano ai figli delle stellette politicizzati anche a Serrastretta a danno dei giovani di Locri e di tutta l’opposizione territoriale che opera nella città di Lamezia Terme, di Papanici e dintorni per la razionalità del sistema amministrativo. Danno lo spunto ai giovani della Roma Calcio con Pino “Juliano” che gioca nel mio cortile con il mitico Francesco Cerminara e divertiti contano i conigli che corrono per scriversi il nome sui gradini della chiesa ignari di Notre Dame col colbacco che offesa li osserva e non reclama ma brandisce il martello e li marchia Farisei al cospetto dei Comunisti d’Italia di Di Liberto e Bertinotti. Perplessi i compagni Annibale, Attilio Mancuso, Angelo della Carolea, Giuliano di Migliuso, Italo il pittore di Como, Tommaso l’intellettuale fiorentino e il grande fu Totò nasone.

Sul tempio di Baal chiudono il Cerchio di Annibale Lady Maria di Giacco e Marica di Giacco junior con l’ausilio della volontaria della Croce Rossa italo-svizzera della zona monache  e Robertino l’illuminato del sol dell’avvenire, non cresimato come l’autore di questo testo anarchico.

Per incanto una rondinella d’oltremare ha fatto il nido per la cittadinanza della sua famigliola di colore, trilla nel blu note di libertà senza frontiera come il musico Casella di Pistoia, l’anonimo fiorentino dantesco, per chiudere il coro sonoro con le sette note del maestro Pino Caruso. Per rallegrare, mangiare, vendemmiare, sfoderare, zucculiare, ballare, suonare, cantare Bella Ciao e Addio Lugano Bella, e recitare siempre, perché è qui la festa del castagno protagonista nel convivio dell’eloquenza, nel convegno congressuale agreste epico pagano propedeutico, il mio teatro dell’Assurdo. Se il fumo del tabacco fa male, dov’è l’arrosto? Bravograzie col testo in mano.

Arrivederci a ogni San Martino degustando una PIZZA ruselle patate e vino.

 

aggiornato il 08/01/2007

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